Manuale di Coltivazione della Canapa

Manuale di Coltivazione e Prima Trasformazione della Canapa

SECONDO IL METODO BIOLOGICO E BIODINAMICO

Cannabis sativa (L.) è una specie erbacea a ciclo annuale, appartenente alla famiglia delle Cannabaceae. La canapa si di­ stingue da tutte le altre specie vegetali per l’ampio corredo di una particolare famiglia di princìpi attivi: i cannahinoidi. Lin­ fìorescenza della pianta normalmente contiene oltre un centi­ naio di diversi cannabinoidi, tra cui il più noto è il tetraidrocannabinolo o THC, l’unico cannabinoide a nostra co­ noscenza con proprietà psicoattive. Le varietà di canapa indu­ striale si distinguono per il contenuto molto basso di THC, ma indipendentemente dal livello di THC, tutte le varietà di ca­ napa appartengono alla stessa specie.

La canapa è caratterizzata e apprezzata come coltura agri­ cola per altre due proprietà: la fibra di elevata resistenza e capa­ cità assorbente e il seme ad alto valore nutrizionale, in quanto ricco di acidi grassi polinsaturi, vitamine e altre molecole bio­ attive.

La canapa è considerata  una delle più antiche colture note

all’uomo. Il suo primo utilizzo, in termini di coltivazione , risa­ lirebbe a circa a 12.000 anni fa. In Cina, all’epoca dell’impera­ tore Shennung (2700 a.C.), la canapa era la più importante “pianta tessile” utilizzata per la produzione di corde, lenzuola, tende, tappeti, sacchi, vele delle navi. Il suo utilizzo, invece, come materia prima per la produzione della carta, sembra risa­ lire a più di 2000 anni fa. Il declino della canapa, avvenuto a seguito della Seconda Guerra Mondiale con la profonda crisi che interessò il settore tessile, ha portato, in molte regioni del­ l’Europa dell’Ovest, alla totale scomparsa della coltura, a cui ha fatto seguito, nei primi anni ’90 del secolo scorso, un rinn ovato interesse con la sua graduale re-introduzione nei sistemi coltu­ rali dell’Unione Europea.

La canapa oggi può essere destinata a tre tipi di consumo: industriale, medico, personale. Questo manuale tratta unica­ mente le coltivazioni di canapa industriale,  ossia di piante  a

basso contenuto  di THC. Generalmente  in Europa il limite di

THC per la canapa industriale è lo 0,2%.

LA NORMATIVA ITALIANA SULLA CANAPA INDUSTRIALE: LE REGOLE DI COLTIVAZIONE

La canapa  industriale  in  Italia è disciplinata  dalla Legge

  1. del 2 dicembre 2016, che ha introdotto importanti no­ vità a tutela dei coltivatori.

Questi  in sintesi i punti salienti:

    1. La legge tutela solo chi coltiva le varietà di canapa am­ messe nel Catalogo europeo delle varietà delle specie di piante agricole, tutte a basso tenore di THC (art.1);1
    2. Per coltivare queste varietà non è necessario chiedere autorizzazione (art.2);
    3. Gli usi consentiti sono i seguenti (art.2, comma 2):
      1. produzione di alimenti e cosmetici,
      2. produzione di semilavorati per le industrie e per le at­ tività artigianali,
      3. pratiche di sovescio,
      4. materiale organico per lavori di bioingegneria o di bioedilizia,
      5. fitodepurazione,

f coltivazioni per attività didattiche e di ricerca,

g. coltivazioni destinate al florovivaismo,

e infine usi energetici per autoproduzione.

    1. Gli unici obblighi a carico del coltivatore sono la con­ servazione dei cartellini delle sementi acquistate (per almeno 12 mesi) e delle fatture di acquisto (art.3);
    2. I controlli, i prelievi a campione in campo e le succes­ sive analisi da parte delle forze dell’ordine devono essere condotte secondo i criteri della normativa europea e in presenza del coltivatore, al quale dovrà essere rilasciato un campione prelevato per eventuali controprove (art.4);
    3. Nel caso in cui dal controllo risultasse un tenore di THC superiore allo 0,2%,2 ma entro il limite dello 0,6%, al coltivatore non è imputabile alcuna respon­ sabilità (purché abbia rispettato i criteri che abbiamo indicato ai punti I e 4 – art.4, comma 5);
    4. Il sequestro e l’eventuale distruzione delle coltivazioni sono consentiti solo se il limite di THC risulta supe­ riore allo 0,6% e possono essere disposti solo dall’au­ torità giudiziaria; ma anche in questo caso al coltivatore che ha rispettato i criteri precedenti non è imputabile alcuna responsabilità (art.4, comma 7).

Queste sono le regole principali che disciplinano la colti­ vazione della canapa industriale in Italia e i suoi possibili im­ pieghi.

LE INFIORESCENZE: IL RICONOSCIMENTO DELLA CANAPA COME PIANTA OFFICINALE

Nelle regole della legge 242, che pure garantiscono una serie di tutele per i coltivatori, è rimasta tuttavia una lacuna fon­ damentale che ha finora frenato gli investimenti industriali sulla canapa.

Nel testo di legge infatti non è mai nominata una parte fon­ damentale della pianta di canapa: le infiorescenze.

Se in passato la canapa industriale era coltivata soprattutto per la fibra e assai più tardi, dall’inizio degli anni Duemila, anche per il seme a uso alimentare, oggi le infiorescenze rap­ presentano in tutto il mondo la parte potenzialmente a maggior reddito  per i coltivatori.

Le infiorescenze di canapa contengono oltre 500 princìpi attivi, tra cui più di un centinaio di cannabinoidi. Negli ultimi cinquant’anni si è progressivamente scoperto che molte di que­ ste sostanze hanno un importante valore salutistico e terapeu­ tico. A parte il THC, il più noto e l’unico che può dare effetti stupefacenti, vari altri cannabinoidi non psicotropi, a partire dal Cannabidiolo (CBD) il più diffuso nelle infiorescenze di ca­ napa industriale, oggi riscuotono crescente importanza sui mer­ cati degli integratori alimentari, della cosmesi e della farmaceutica.

Il fatto che la legge 242 non nomini, ma neppure vieti l’im­ piego delle infiorescenze, ha creato un alone di ambiguità nel­ l’interpretazione della norma, che tra l’altro riconosce tra i suoi impieghi ‘le colture per florovivaismo’. Lambiguità è stata ac­ centuata dall’indicazione dello 0,6% di THC come limite a tu­ tela del coltivatore, che di conseguenza molti operatori (e buona parte della Magistratura) han no ritenuto valido anche per il commercio dei prodotti  a base di canapa. Da qui è nato   nel

2017 il fenomeno della ‘can nabis light’ con tutte le contraddi­ zioni e problematiche giudiziarie che si sono sviluppate.

L’ostacolo fondamentale, che impedisce un riconosci­ mento pieno e univoco della legittimità d’impiego delle infio­ rescenze di canapa industriale, è l’inserimento, tuttora vigente nella normativa italiana e internazionale,4 della canapa negli elenchi delle sostanze stupefacenti “a eccezione della canapacoltivataesclusivamente per la produzione di fibre o per altriusiindustriali… consentiti dalla normativa dell’Unione europ ea”‘5.

Un buon passo in avanti è stato fatto da un recente decreto

del Ministro dell’Agricoltura, che in un elenco di piante offi­ cinali per i premi assicurativi ha menzionato la “canapasativa infiorescenza,” destinata a “usi estrattivi”.6

Riconoscendo la canapa come pianta officinale, comprese le sue infiorescenze, ora dovrebbe esser lecito produrre – da parte dello stesso agricoltore o da terzi – estratti, oli essenziali e tinture da infio­ rescenze di canapa industriale, purché con THC inferiore allo 0,2%, coltivate secondo la L. 242/2016, e nel rispetto delle Good Agricoltu­ra! Collecting Practices (GACP), e commercializzate secondo la speci­ fica normativa di settore.7  Il problema è che in parallelo ancora non è stato approvato l’elenco ufficiale di piante officinali, che dovrebbe comprendere la canapa e a cui sta lavorando da quasi due anni una commissione  di esperti nominati  dal Ministero dell’Agricoltura.

SCELTA DELLE VARIETÀ

E DELLE TECNICHE COLTURALI

In base all’inquadramento normativo descritto, oggi dalla canapa coltivata secondo le regole della legge 242/2016 si pos­ sono utilizzare potenzialmente  tutte le parti della pianta:

  • steli per ottenere fibre e canapulo,
  • semi a uso alimentare (o per riproduzione sulla base di un contratto con ditta sementiera autorizzata),
  • biomassa per fitodepurazione, sovesci o per usi energetici,
  • e anche le radici della canapa, che hanno proprietà an- tiinfiammatorie e antidolorifiche note sin dall’antichità, in quanto ricche di princìpi attivi (ma prive di THC), tra cui triterpenoidi, monoterpeni, alcaloidi e steroli.

Resta ancora in discussione la liceità di utilizzo delle in­ fiorescenze (fiori, foglie, oli e resine). In parte dipenderà da come la canapa sarà inserita nell’Elenco  ufficiale della Piante Officinali e a livello internazionale dalla prossima decisione dell’ONU sugli estratti a base di CBD e con THC sotto lo 0,2%. Tuttavia il fatto che un Decreto ministeriale (vedi paragrafo precedente) abbia menzionato tra le officinali la ‘Cannabis sativa infiorescenze’ rap­ presenta sicuramente un’arma in più di difesa per chi oggi in Ita­ lia coltiva, raccoglie e vende anche infiorescenze di canapa (purché,  ricordiamo  sempre,  a uso  estrattivo  e a bassa THC).

In base al prodotto principale che si intende ottenere, si possono scegliere diverse tecniche colturali con diversi periodi e densità di semina (vedi paragrafi successivi) e diverse varietà di canapa, purché comprese nel già citato Catalogo europeo delle varietà delle specie di piante agricole. Le varietà ammesse sono quasi esclusivamente varietà da fibra, tuttavia si possono fare queste distinzioni:

per la produzione difibra, le più idonee sono a nostro parere le varietà cosiddette “dioiche”tradizionali (ossia con esemplari maschi e femmine), in quanto garanti­ scono una produzione di biomassa abbondante e sono state selezionate appositamente per p rodurre fibra di qualità: le varietà dioiche più note sono le italiane Car­magnola, CS (Carmagno/,a Selezionata), Eletta, Fibranova e le varietà ungheresi Kompoltie Tiborszal/,asi ;

per la produzione di seme alimentare sono più indicate

le varietà “monoiche”, ossia con organi sessuali maschili e femminili nella stessa pianta (unisex), in quanto il loro sviluppo vegetativo è ridotto, ridotta l’altezza e la matu­ razione del seme più uniforme (mentre nelle dioiche i ma­ schi maturano prima delle femmine) e quindi la raccolta del seme è assai più agevole, consentendo l’utilizzo di nor­ mali trebbiatrici. Le varietà monoiche più diffuse sono le francesi Futura 75, Felina e Fedorae l’ucraina Uso-31;per la produzione di infiorescenze sono privilegiate di nuovo le varietà dioiche. Per la coltivazione in serra è interessante anche una varietà del Nord Europa, la Fi­no/a, in quanto ha un ciclo di vita molto breve e quindi ripetibile  più volte  nel  corso dell’anno;

Per ilmercato dei prodotti della canapa da seme – ali­ mentazione, cosmesi, salutistica – le coltivazioni certificatebiologiche hanno decisamente più opportunità e anzi per al­ cune ditte di cosmesi e salutistica, il prodotto certificato bio è un prerequisito.

Pertanto suggeriamo anche ai coltivatori in convenzionale di valutare seriamente la coltivazione della canapa come occa­ sione di conversione al biologico.

PREPARAZIONE DEL TERRENO

La canapa è una pianta che predilige terreni freschi e pro­ fondi, non teme gelate tardive mentre soffre particolarmente i ristagni idrici. Occorre quindi che le sistemazioni idrauliche siano eseguite correttamente per favorire lo sgrondo delle acque in eccesso. Sono da prediligere terreni franchi o possibilmente non troppo argillosi e/o limosi poiché la plantula nello stadio cotiledonare è poco vigorosa e soffre la crosta superficiale. Il ter­ reno su cui andrà seminata la canapa deve quindi trovarsi in buone condizioni e cioè senza avvallamenti e/o eccessiva zol­ losità altrimenti si rischia un’emergenza disomogenea che fa­ vorisce la proliferazione delle erbe infestanti.

Nel caso di coltivazione biologica, si consiglia quindi:

  1. Una ripuntatura a circa 30 cm di profondità, possibil­ mente in autunno, per favorire lo sviluppo delle radici in profondità. Sono sconsigliabili  lavorazioni  profonde in primavera poiché lascerebbero eccessive zollosità e il terreno con una scarsa dotazione di acqua;
  2. Affinamento del terreno prima della semina. Per il

controllo di infestanti in biologico, è consigliabile un passaggio in presemina con erpice a maglie;

  1. Si consiglia anche una falsa semina come lotta contro

le infestanti.

APPORTO DI NUTRIENTI

La canapa è una pianta che non richiede forti concimazioni, che anzi possono provocare una elevata vigorosità con conse­ guente eccessiva produzione di foglie e allettamento della col­ tura.

La canapa risponde molto bene alle concimazioni orga­niche e agli attivatori biodinamici. Per una produzione di qualità si possono utilizzare melassa, estratti di alghe, micorrizie per alimentare i microrganismi del suolo e rafforzare le difese della pianta, oppure si possono impiegare concimi organici come letame, pollina o anche compost vegetale o digestato fino a un massimo di 30 ton/ha, possibilmente in due fasi. La con­ cimazione infatti è consigliabile farla parte in presemina (50%) e parte in post  emergenza (50%).

L’interramento di colture da sovescio (crucifere o legu­ minose) è un’ulteriore pratica utile e consigliabile non solo per l’effetto concimante, ma per la conservazione della sostanza or­ ganica nel terreno e per il suo effetto protettivo verso infesta­ zioni dannose (funghi patogeni e  nematodi).

Da tener presente che la mancanza di sufficiente sostanza or­ ganica è una delle cause principali di produzione di seme vuoto.

SEMINA

La semina della canapa può essere fatta con una normaleseminatrice da grano (o anche da mais a seconda dell’interfila che si sceglie), ponendo il seme a una profondità massima di2-3 cm. Se il terreno fosse troppo secco, dopo la semina è op­ portuna una leggera rollatura in modo da favorire la conserva­ zione di acqua nel suolo.

Periodo e densità di semina ottimale variano, come antici­ pato, in base al prodotto principale che si intende ottenere e anche in base alla scelta della varietà, dato che alcune varietà sono più precoci o tardive della media. Ovviamente la semina può essere anticipata o anche posticipata in base all’andamento stagionale e alla quantità di acqua nel terreno, ma in  generale:

  1. Se l’obiettivo primario è produrre fibra, la canapa tra­ dizionalmente si semina verso la seconda metà di marzo. Si raccomanda una densità di semina elevata, 50 kg/ha, con interfila a 15 cm. La densità elevata ga­ rantisce una rapida copertura del terreno contro le in­ festanti e migliore qualità di fibra, grazie allo sviluppo di steli sottili;
  2. Per la produzione di seme, il periodo consigliato alle la­ titudini del Centro Italia è da inizio aprile a metà mag­ gio. Semine troppo precoci (metà-fine marzo) possono causare prefioriture con conseguente scalarità di matura­ zione del seme che può portare a perdite elevate in fase di trebbiatura. Inoltre dopo prefioritura le piante possono tornare a vegetare. La densità di semina può essere anche ridotta a 25 kg/ha e meno, senza pregiudicare la resa in seme, ma in questo caso con interfila da mais (70 cm) in modo da consentire il diserbo meccanico tra le file. Tut­ tavia molti preferiscono una densità di semina maggiore (almeno 40 kg/ha) per una migliore copertura del terreno e per ottenere una buona produzione anche di fibra;
  3. Se l’obiettivo primario sono le cime fiorite, si aprono diverse possibilità:

cl . Con varietà stabili a basso contenuto di CBD (1- 2o/o es. Futura 75) si opera come per ilseme:semina in campo a elevata densità (35-40 kg) tra aprile e maggio. In questo caso il basso contenuto di CBD delle singole piante è compensato dalla più ampia produzione di biomassa per ettaro, dai costi colturali molto più bassi e dalla possibilità di un doppio se non addirittura triplo  raccolto  (fiore+steli oppure, se la raccolta è tardiva, fiore+steli+semi);

Con varietà a buon contenuto di CBD (4-5% es. Eletta Campana, Ca rmagnola, Tiborszaluzsi) semina o trapianto in campo tra maggio e giugno con den­ sità molto bassa e interfila ampia  da 1,5 a 3 metri. In questo caso è  fondamentale  una  pacciamatura con teli biodegradabili tipo il Mater-bi o (possibil­ mente bicolori: nero sotto e bianco sopra per evitare un eccessivo riscaldamento del telo in estate) ed è necessario predisporre sotto  i  teli  anche  un sistema di irrigazione con ali gocciolanti. I costi di produ­ zione in tal modo  lievitano  decisamente  (anche  fino a 10.000 euro/ha), ma sono compensati dall’abbon­ dante produzione di cime fiorite  di  qualità,  con piante che crescono  a cespuglio  e con una resa finale

in infiorescenze essiccate mediamente di 2-5q/ha, ma che può arrivare anche a 8-1Oq/ha. Fino ad oggi, purché si sappia coltivare secondo le GACP (GoodAgricu!tural and Collection Practice), i costi di pro­ duzione sono ampiamente compensati dai prezzi di mercato delle infiorescenze ad alto CBD;

c3. La terza possibilità è la coltura protetta – in serra o indoor – per la produzione di infiorescenze di elevata qualità, magari in idroponica o in aeroponica. Ma le tecniche di produzione in serra o indoor esulano dalla trattazione di questo manuale.

Le scelte quindi sono molteplici, ma l’obiettivo più soste­ nibile per un coltivatore a nostro parere  è scegliere modalità di semina e pratiche colturali che consentano di ottenere al­ meno un doppio raccolto: fiore e steli, semi e steli oppure fiore

+ semi  + steli.

Va ancora tenuto presente che, a meno di scegliere la pro­ duzione di infiorescenze di qualità (il caso c2), una semina tar­diva può provocare diversi problemi:

Primo fra tutti la necessità di irrigazioni di soccorso poi­ ché le elevate temperature del periodo potrebbero cau­ sare il rapido essiccamento dei primi centimetri di suolo con conseguente disomogeneità  d’emergenza;

Un eccesso di sviluppo delle infestanti in seguito ai ri­ petuti interventi irrigui, poiché lo sviluppo della canapa nei primi stadi vegetativi è lento: impiega circa 15 giorni dopo l’emergenza a coprire l’interfila e verrebbe quindi   sopraffatta dalle infestanti.

Una semina tardiva inoltre potrebbe ostacolare un buon sviluppo dell’apparato radicale e la coltura si troverebbe in condizioni di stress idrico in due stadi fenologici fon­ damentali, ossia al momento dello sviluppo dell’appa­ rato fogliare (fondamentale per intercettare luce e quindi produrre energia per riempire il seme) e al mo­ mento  del riempimento  del seme.

CONTROLLO DELLE INFESTANTI

Le capacità rinettanti della canapa, ossia di competizione con le infestanti, sono note praticamente da sempre. Il suo ra­ pido sviluppo le consente di entrare rapidamente in competi­ zione sia di luce che di acqua con le infestanti che generalmente vengono sopraffatte. Ma come già segnalato, è di fondamentaleimportanza la preparazione di un buon letto di semina privo di infestanti che consenta una rapida ed omogenea germina­ zione.

IRRIGAZIONE

Lirrigazione della canapa normalmente non è necessaria, soprattutto per la produzione di fibra. Ma nel caso del seme, annate particolarmente siccitose impediscono il riempimento del seme compromettendo la produzione. In questo caso po­ trebbero essere necessari interventi di emergenza in pre-fioritura per far sviluppare un buon apparato fogliare e in post fioritura, per favorire il riempimento del seme, altrimenti si rischia di rac­ cogliere solo seme vuoto.

AVVERSITÀ

Le avversità su canapa possono essere sia di tipo abiotico che biotico. Quelle di tipo abiotico sono le gelate tardive nella fasi giovanili della pianta; vento forte che può portare all’allet­ tamento della coltura e la grandine che può compromettere la qualità della fibra e causare anch’essa l’allettamento della col­ tura. Periodi prolungati di siccità in prossimità della fioritura e dell’allegagione possono portare ad un sensibile calo di resa nella produzione  del seme.

Le avversità di tipo biotico sono diverse e possono causare danni ma raramente riescono a compromettere la produzione. In ogni caso l’Ostrinia nubdalis (Hbn.), comunemente chiamata piralide del mais, è forse l’insetto più temibile per la canapa es­ sendo anche parassita del mais. La larva generalmente entra al­ l’interno dello stelo e scava un tunnel lungo lo stelo causando la decapitazione della pianta con danni sia sulla qualità della fibra che sulla produzione di seme.

Un altro insetto molto diffuso sulle colture toscane è la ci­ mice verde, Neza ra Viriduf_a, meno devastante della cimice asia-

tica (Halyomorpha halys), ma in grado tuttavia di arrecare seri danni soprattutto alla produzione di seme. E’ infatti un insetto fitofago, che si nutre della linfa e dei liquidi interni della pianta, indebolendo in tal modo la sua produzione di seme. Anche una massiccia presenza di Orobanche ramosa (Forsh) può compro­ mettere la resa in produzione di seme.

In annate particolarmente piovose nel periodo della treb­ biatura possono poi emergere problemi legati alla proliferazione di funghi Botrytis  e i Pennicilium sui semi.

RACCOLTA DELLE CIME FIORITE

A partire da luglio la pianta di canapa rallenta progressiva­ mente la propria crescita vegetativa e inizia a fiorire. Nel caso delle varietà dioiche, sono gli esemplari maschi i primi a fiorire, mentre le femmine fioriscono più tardi, normal mente dai primi di agosto. Dato che sono i fiori femminili a contenere il corredo più ricco di cannabinoidi  e di profumi,  è opportuno attendere la piena fioritura degli esemplari femminili, quando buona parte dei minuscoli pistilli bianchi è imbrunita, per provvedere alla raccolta. Dal momento che una volta impollinati, i fiori femmi­ nili vanno a seme riducendo notevolmente la loro produzione di princìpi attivi, alcuni produttori ricorrono, già nella fase di pre-fioritura, alla cosiddetta ‘smaschiatura’, ossia all’eliminazi one manuale periodica degli esemplari maschi dal campo. Si tratta di un’operazione dispendiosa e decisamente superflua se il pro­ dotto è destinato a estrazione di tipo industriale. Per garantire il massimo di produzione di CBD e terpeni, vari coltivatori ricor­ rono all’acquisto di semi femminizzati o di talee femminizzate. La raccolta meccanizzata delle cime fiorite di canapa può es­

sere fatta con diversi sistemi in commercio, che tuttavia  richie-

dono spesso delle modifiche per adattare il taglio all’altezza irre­ golare delle cime e per assicurare un agevole caricamento delle cime tagliate. Si può quindi utilizzare una barra falciante connessa a un sistema di caricamento (o meglio un falcia-carica) oppure una mietilega. In ogni caso occorrono sistemi di taglio ad altezza variabile, in grado di elevarsi fino almeno a 1,5 m dal suolo.

Di recente sono stati realizzati sistemi specifici per la rac­ colta delle infiorescenze, come la tedesca HHHa rvester(https://henryshempharvester.com/), progettata per imprese medio piccole, che si collega frontalmente a un trattore  anche di piccola potenza con sistema di convogliamento.

RACCOLTA DEL SEME – TREBBIATURA

La maturazione del seme di canapa è scalare e trovare l’epoca di raccolta ideale non è semplice. Generalmente la ma­ turazione del seme si fa procedere fino a quando i semi comin­ ciano a cadere a terra, ossia quando la percentuale di semi maturi  dovrebbe  essere intorno  al 60%. Un  ritardo eccessivo

della raccolta potrebbe comportare un sensibile calo di resa do­ vuto sia alla cascola dei semi che alla presenza di uccelli che sono particolarmente ghiotti di tali semi. E’ altresì consigliabile procedere alla raccolta quando lo stelo è ancora verde poiché le piante secche potrebbero andare ad arrotolarsi intorno agli or­ gani rotativi della trebbiatrice intasandoli e causando il così detto  “effetto cordà’.

Per la raccolta del seme si possono usare normali macchine trebbiatrici quali CASE lnternational New Holland, CLASS,fohn Deere. Sono da preferire le macchine che presentano il bat­ titore assiale quali CASE e le nuove John Deere. Fondamental e è in ogni caso ridurre lavelocità di avanzamento,  dell’aspo e

dei battitori per evitare aggrovigliamenti delle fibre intorno agli ingranaggi e conseguenti seri danni meccanici. Sono preferibili trebbiatrici con lo scuotipaglia e senza trinciapaglia che rischiad’intasarsi di fibra.

Tabella:Alcani  11199erimenti  per  impostHe  11Htrebbiatrice  non assiale

E’ fondamentale che le lame siano ben affilate per evitare che la fibra presente negli steli vada fra la lama e il battilama.

Velocità battitore250 giri/ min.
Velocita ventola1070 giri/min.
Griglia3,17 mm (1/8-inch)
Controbattitore9,5 mm (3/8-inch)

Il seme dev’essere messo ad asciugare entro 4 ore dalla rac­colta possibilmente in essiccatoi orizzontali e senza fuoco di­ retto sul seme.

RACCOLTA CONGIUNTA FIBRA-SEME O FIBRA-FIORE

Per un doppio raccolto del tipo seme+fibra, fondamentale per la redditività della coltivazione, normalmente si adotta il si­stema francese tradizionale: prima si passa con la mietitreb­bia e poi si ripassa con la barra falciante per tagliare gli steli alle base. Il doppio passaggio, utilizzabile anche per la raccolta cima fiorita+fibra, ha il vantaggio che non richiede macchine speciali, ma presenta due inconvenienti: il raddoppio dei   costi

di raccolta e soprattutto la perdita di biomassa, dovuto allo schiacciamento degli steli al passaggio della mietitrebbia. La so­ luzione sarebbe una macchina specializzata in grado di fare il doppio raccolto con un solo passaggio. Macchine di questo tipo esistono già in Europa, le più note sono la Double Cut Harve­sting Machine dell’olandese Hempflax, la Hemp Ha rvester del- 1’olandese Dun Agro e una macchina realizzata da Classspecificamente per la raccolta dei fiore. Si tratta tuttavia di mac­ chine dal costo superiore ai 350.000 € e, per quanto veloci e performanti nel taglio, non risolvono il problema cruciale ri­ scontrato in genere con le mietitrebbie modificate, ossia la per­ dita di una parte notevole (30-40%) del seme di canapa in fase di raccolta. In Italia sono stati sviluppati vari progetti in varie regioni, ma sono rimasti in fase prototipale.

OPERAZIONI AGRICOLE DI POST-RACCOLTA: ESSICCAZIONE

Una volta raccolte, sia i semi che le cime, in quanto ricche di sostanze deperibili e attaccabili da muffe, vanno rapidamente (entro 4 ore dalla raccolta) portati a un essiccatoio che non sia a fiamma diretta. Possono essere utilizzati gli essiccatoi oriz­ zontali del tabacco o ancora meglio gli essiccatoi per le piante officinali. In alternativa, se il clima non è umido, il seme può essere steso su teli di juta possibilmente rialzati da terra per fa­ vorire l’arieggiamento e contrastare l’insorgenza di muffe sul seme.

Il livello di umidità ottimale da raggiungere è 11-12%.

PULIZIA DELLE CIME FIORITE

La cima, una volta essiccata, è ancora un complesso di fiori, foglie, resine, porzioni di stelo, semi e erbe infestanti. Le im­ prese che fanno estrazione di cannabinoidi e altri princìpi attivi di norma chiedono di ricevere un prodotto trinciato omogeneo di fiori e foglie, con la minima  presenza  (in genere 2%   mas­

simo) di materiale estraneo, quali appunto semi, pezzi di stelo

o erbe infestanti

Le cime vanno pertanto sottoposte a un processo di pulizia, che dovrebbe consistere innanzitutto in un’operazione di ‘sgra­ naturà (ossia di separazione dello stelo, lignocellulosico , dalle altre parti della cima) e successivamente  a un  sistema  di vagli per  separare i semi e le altre impurità da fiori e  foglie.

PULIZIA DEI SEMI

Anche il seme trebbiato, come accade per ogni coltura, sarà pieno di impurità. Inoltre è facile che una certa percentuale di semi risulti vuota. Pertanto, dopo essiccazione, occorre proce­ dere a un’operazione di pulizia attraverso un sistema di spietra­ tura e di altri vagli che consenta di separare il seme sia dai corpi estranei pesanti che da quelli più leggeri (compresi i semi vuoti).

In vari casi è lo stesso mulino a cui si conferisce il seme a provvedere  alla sua pulizia.

RACCOLTA E CONDIZIONAMENTO DELLE PAGLIE

Il periodo ottimale per il taglio delle paglie per fibra sarebbe a completamento della fioritura, 100-11O giorni dalla semina, quando lo stelo ha prodotto il massimo di fibra ma è ancora poco lignificato. Per avere un doppio prodotto, l’ottimale è quindi abbinarla alla raccolta delle infiorescenze, altrimenti il taglio va decisamente posticipato  alla trebbiatura del seme.

Lo stelo di canapa, come anticipato, si può raccogliere con vari  strumenti:  da  una  semplice  barra  bilama  per  la fiena­ gione,  possibilmente  affiancata  da  un  convogliatore  per  di­ sporre gli steli già in andane, a una falciacondizionatrice,  fino a macchine  specifiche  che tagliano  gli  steli  in  due o più  por­ zioni, modello Paulitzo  Tebeco.8

Per ottenere una fibra di qualità, a uso tessile, dopo la  rac­

colta occorrerebbe sottoporre le paglie a un processo di mace­ razione controllata  che  consenta  di  separare  completamente le fibre non solo dal canapulo, ma anche dalle sostanze colloidali (pectine) che le tengono unite. E’ il procedimento analogo che usavano i nostri non ni quando deponevano i fasci di canapa in acqua nei maceri. Ma era un processo lungo, che richiedeva molto lavoro e creava odori nauseabondi. Un impianto indu­ striale di macerazione in Italia ancora non è stato realizzato. E in ogni caso poi si richiederebbe un sistema adeguato di stiglia­ tura, pettinatura e filatura della fibra. Di conseguenza la strada della fibra tessile è ancora preclusa se non per piccole produzioni di livello artigianale.

Se l’obiettivo più realistico è ottenere una fibra a uso tec­ nico – ad esempio per produrre materassini isolanti, materiali

compositi o tessuti non tessuti – il metodo più conveniente è lasciare gli steli tagliati in campo per alcuni giorni (quanti dipende dal clima), in modo da ridurre l’umidità almeno al 18%. Ultimata l’essiccazione naturale, si procede alla raccolta in balle quadre o rotoballe. Il problema serio è l’assenza in Ita­lia di una rete adeguata di impianti di decorticazione delle paglie, a cui conferire ilmateriale raccolto. A ottobre 2020, a nostra conoscenza, sul territorio nazionale risulta operativo, da poche settimane, un unico impianto di decorticazione, a Ceri­ gnola in Puglia. L’impianto attualmente è in grado di lavorare annualmente al massimo ilquantitativo corrispondente a 500 ettari di coltivazioni. A cura di Beppe Croce – Federcanapa